Un servizio profetico alla Chiesa




 
La profezia è una dimensione della testimonianza che interpella e risveglia, individuando nell'oggi prospettive, criteri della prassi e scelte simboliche capaci di aprire nuove strade e di dare forma concreta alla speranza. Profezia è lasciarsi provocare dai conflitti e da situazioni avverse cercando l'obbedienza alla Parola. 
Pensiamo che proprio questo sia il tratto caratterizzante del servizio ecclesiale di don Alessandro Manenti. L'abbiamo incontrato prima come professore o come psicoterapeuta nell'accompagnamento personale o come supervisore, successivamente come collega nella collaborazione nell'ISF e nell'insegnamento, infine come compagno di viaggio, per qualcuno un amico, nella comune passione educativa. 
Con don Alessandro abbiamo attraversato alcuni passaggi, la maggior parte di noi di un'altra generazione: all'inizio lo ammiravamo e forse ci creava un pizzico di soggezione per la chiarezza del suo pensare psicologico. Successivamente ci ha interpellato, a volte inquietato, per il suo stile pro-vocante, che privilegiava le prospettive avverse e le dialettiche per pensare psicologicamente - viene alla memoria il motto episcopale del Card. C.M. Martini: «Pro veritate adversa diligere». In tante occasioni personali e di gruppo, ci ha incoraggiato in diversi modi: ad accompagnare, a pensare, a scrivere, a giocarsi in prima persona, a prendere posizione. Infine ci ha coinvolto nel dialogo con la positiva inquietudine suscitata dai valori, per condividere una riflessione comune, con apertura e creatività, per riconoscere e interpretare i segni dei tempi. 
Riconosciamo nella testimonianza di don Alessandro Manenti un «servizio profetico», che vive la dialettica incessante tipica di una ricerca, che ha le caratteristiche del desiderio: quel desiderio che a più riprese Manenti ha interpretato nella sua fenomenologia della trascendenza dentro i limiti e l'ambivalenza dell'umano. Nella prospettiva del «servizio profetico», riconosciamo alcuni orizzonti che don Alessandro, insieme a noi, ha contribuito a delineare e attraversare. Ne indichiamo alcuni che si sono sviluppati intersecando una riflessione teorica aperta alla ricerca con decisioni e proposte concrete, anticipatrici di futuro: 
• Comprendere ed esplicitare, ogni volta più profondamente, il mistero di Dio e dell'uomo nella prospettiva dell'integrazione tra psicologia e teologia, teoria e pratica, superando il veto della separazione delle discipline a partire dall'insegnamento ricevuto dall'Istituto di Psicologia della PUG, di cui fu tra i primi e sparuti alunni. 
• Credere nei valori, come dinamismo decisivo della personalità e della sua formazione, iniziando con alcuni compagni di imprese la cosiddetta «Scuola per Formatori». 
• Dedicarsi prioritariamente e permanentemente nella formazione dei formatori attraverso l'insegnamento, i colloqui di crescita vocazionale e le forme di supervisione. 
• Preparare persone competenti per condividere il servizio alla famiglia, fondando il consultorio diocesano e costruendo équipes di religiose/i e laici. 
• Interpretare la svolta pedagogica della «Scuola per Formatori» partecipando successivamente alla fondazione dell'Istituto Superiore per Formatori (ISF) all'interno del processo di riconoscimento europeo dei titoli accademici ecclesiastici che proprio in questi giorni ha visto un effettivo accreditamento da parte dello Stato Italiano. 
• Inventare e portare avanti con energia, intelligenza e successo, questa rivista Tredimensioni (Psicologia, Spiritualità e Formazione), nei primi quindici anni di vita. Nessuno ci credeva, soprattutto le case editrici! La rivista rimane una sfida a dialogare con altre impostazioni e coinvolge anche la teologia nel pensare la formazione. 
• Condividere con alcuni di noi il pensiero e la scrittura degli editoriali e di altri articoli, un esercizio stimolante e fecondo rispetto al crescere in un pensiero comune. Allargare la rivista ad autori di altre prospettive e scuole aperti all'integrazione. 
• Guardare alla formazione di psicologi/psicoterapeuti collaborando a scuole di psicoterapia, come insegnante, tutor, supervisore. In questa prospettiva si dilata ulteriormente l'apertura a laici sempre più decisivi anche per il servizio ecclesiale. 
• Imparare a discernere i segni dei tempi, in questo cambio d'epoca, lasciandosi interrogare dal magistero di papa Francesco. Accettare la sfida del cambiamento tocca l'annuncio evangelico, le prassi ecclesiali, le figure vocazionali nel rapporto tra ruoli e valori, lo stile della gestione istituzionale. 
Prima del compimento dei 70 anni don Alessandro ha fatto un passo indietro netto rispetto agli impegni istituzionali. Questo modo di fare riflette il suo stile non incline al compromesso, da taluni considerato troppo critico, ma che senz'altro manifesta un senso di grande libertà. Lo stesso è capitato con noi! Verso i settant'anni ha chiesto di cessare di insegnare e di essere il Direttore di questa Rivista. Anche qui, come in altri passaggi decisivi della vita, desiderio e rinuncia si sono alleati. Sorge un dubbio ... Non ha fatto carriera? Dipende dai punti di vista. Per un prete educatore, per un prete psicoterapeuta, la vera carriera sta nella generatività e nell'iniziare e sostenere processi più che occupare spazi, secondo la felice espressione di papa Francesco. In questo senso forse di «carriera» ne ha fatta anche troppa vista la sua autorevolezza per-manente! 
Con grande riconoscenza abbiamo pensato questo numero di Tredimensioni non in modo celebrativo, ma lasciandoci provocare a guardare in avanti dai testi e dalla testimonianza di don Alessandro Manenti. Oltre agli articoli tematici che ripercorrono e rilanciano alcune prospettive da lui aperte, intervallati da quadri biografici scritti dai primi compagni di avventura, vengono presentati due contributi inediti: un intervento sulle relazioni per un presbiterio e un'intervista nell'ambito della spiritualità francescana. Iniziamo così a raccogliere una ricca eredità intanto che don Alessandro continua con grande disponibilità a lavorare per noi. 


Approfondimento:
don Alessandro Manenti
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