Vita ai vincitori, morte ai vinti




Si sa che la storia non insegna, ma ricordarla non fa male. 

1911-1912: guerra italo-turca. Il regno d’Italia si schiera contro l’impero ottomano per conquistare le regioni nord-africane della Tripolitania e Cirenaica. Euforia generale: fu per questa occasione che venne scritta la celebre canzone «Tripoli bel suol d’amore». Sete di possedimenti coloniali: «La grande proletaria si è ossa» scriveva Giovanni Pascoli additando alle nuove terre libiche dove i servi italiani avrebbero potuto andare a lavorare da padroni. 

Il tenente generale Carlo Caneva, governatore della Tripolitania negli anni 1911-1912 – proprio lui che come capo del corpo d’armata aveva umiliato l’esercito ottomano e sottomesso i musulmani della Libia – emanò questo decreto: 

Proclama del tenente generale Caneva alle popolazioni della Tripolitania, Cirenaica e regioni annesse (13 ottobre 1911): 


Nel nome di Dio clemente e misericordioso. 

Regnando, sul grande paese d’Italia, S.M. Vittorio Emanuele, che Dio conservi e renda sempre più grande e glorioso, 

Io Carlo Caneva generale comandante la forza italiana incaricata di por fine al governo dei turchi in Tripolitania, Cirenaica e regioni adiacenti, 

alle popolazioni tutte che in dette regioni hanno stanza, dalle sponde del mare fino ai recessi dell’interno e che hanno case nelle città, e giardini, e campi e pascoli intorno alle città stesse o lontane nel paese; Rendo noto: 

Che le truppe al mio comando sono state mandate da S.M. il Re d’Italia, che Dio protegga, non a sottomettere e rendere schiave le popolazioni della Tripolitania, della Cirenaica e degli altri paesi dell’interno, ora sotto la servitù dei turchi, ma a restituire loro i propri diritti, a punire gli usurpatori, a renderle libere e padrone di sé, e a proteggerle contro gli usurpatori stessi, i turchi, e contro chiunque altro le volesse asservite. 

D’ora in avanti, o abitanti della Tripolitania, della Cirenaica, Fezzan e paesi adiacenti Voi sarete governati dai capi Vostri, sotto l’alto patrono di S.M. il Re di Italia, che Dio l’abbia nella sua guardia, incaricati di guidarVi secondo giustizia, ma con clemenza e dolcezza. 

Le leggi tutte, religiose e civili saranno rispettate; rispettate saranno le persone e le proprietà; rispettate le donne, e rispettati i diritti ed i privilegi annessi alle Vostre opere pie e religiose. L’azione dei capi dovrà avere per unico scopo il Vostro benessere e la Vostra quiete, ed ispirarsi perciò alla «legge» e alla «sunna». Giustizia Vi sarà resa secondo la «sceria» da giudici che nella medesima siano versati ed abbiano condotta morale lodevole.

Nessuna angheria di capi, nessuna prevaricazione di giudici sarà tollerata, solo il «libro» e la «legge» e la «sunna» avranno impero. 

Nessun tributo sarà levato per essere speso fuori dal paese, e quelli ora in vigore saranno riveduti e diminuiti o anche soppressi, secondo giustizia. 

Nessuno sarà chiamato a prestare servizio sotto le armi contro sua volontà. Si accetteranno solo coloro che vorranno volentieri mettersi all’ombra della bandiera d’Italia, per la protezione delle persone e delle proprietà, e per garantire al paese tutto pace e prosperità. 

Gli altri rimarranno alle loro case intenti al lavoro dei campi, alla pastura delle mandrie, allo scambio delle merci, a tutte le arti necessarie al vivere civile.

Così ognuno potrà pregare, nella sua moschea, per la grandezza del popolo italiano e per la gloria del suo Re, che Iddio lo salvi, i quali hanno preso Voi, o popoli di queste contrade, sotto la loro tutela e protezione, e intendono che il loro nome sia temuto dai vostri nemici ma da voi solo amato e benedetto. 

Queste cose rendo pubbliche in virtù di autorizzazione ricevuta da S.M. il Re d’Italia, giusto e glorioso, e del suo governo e sono da me promulgate oggi, 20 Sciawal 1329 dell’Egira, affinché restino come il fondamento delle future relazioni tra protettori e protetti, tra italiani e abitanti di questo paese, certo che le riceverete nel Vostro cuore come una regola da essere seguita fedelmente e con rettitudine di intenzioni e di animo da entrambe le parti. 

Se vi fosse chi non venera la legge, chi non rispetta le persone, chi turba la pace delle donne, chi viola la proprietà, chi si ribella ai voleri della Provvidenza che qui ha mandato l’Italia, nel cui nome ho ricevuto tali ordini da chi aveva ed ha il diritto di darli, questi saranno mantenuti ed eseguiti con la forza messa in mia mano per il trionfo del buon diritto e della giustizia. 

Popoli della Tripolitania, Cirenaica e regioni annesse! 

Ricordate che Dio ha detto nel «libro»: A coloro i quali non portano la guerra religiosa e non vi cacciano dai vostri paesi voi dovete fare del bene e proteggerli, perché Dio ama i benefattori e i protettori. 

Ricordate che sta pure scritto nel «libro»: Se essi inclinano alla pace, accettatela voi pure e abbiate fiducia in Dio. 

L’Italia vuole la pace e sotto la protezione dell’Italia e del suo Re, che Dio la benedica, questa vostra terra rimanga terra dell’Islam, e su di essa sventoli il bianco, il rosso e il verde, in segno di fede, di amore e di speranza. 

Dato a Tripoli 13 ottobre 1911, C. Caneva 

 


E quando furono conquistate le isole dell’Egeo, così scrive il segretario generale del governo per quelle isole: Ordinanza 11 gennaio 1934 numero 11 per le società sportive e ricreative:


Il segretario generale del governo delle isole italiane dell’Egeo, ad evitare che le gare sportive, invece di cementare generosamente la gioventù, degenerino in assurde e astiose competizioni 

Dispone:

1. Nelle città ove vivono a contatto cittadini di diverse confessioni religiose, le società sportive e ricreative dovranno osservare rigorosamente le seguenti prescrizioni: 

a) alla ammissione dei soci dovrà essere assolutamente estranea qualsiasi considerazione relativa alla confessione religiosa dei richiedenti; 

b) i consigli direttivi dovranno essere formati da membri appartenenti almeno a due confessioni religiose. 

2. [...] 

3. Non saranno ammesse alle pubbliche gare squadre formate esclusivamente di atleti appartenenti ad una stessa confessione religiosa. Le squadre di calcio, in particolare, non potranno normalmente avere più di cinque membri di una stessa confessione religiosa. 

4. [...] 

5. La presidenza della Fratres dovrà considerare come scorrettezza particolarmente grave ogni accenno ingiurioso o dispregiativo alla confessione religiosa degli atleti o del pubblico. 


Così fu scritto. Linguaggio e stile letterario a noi lontani. Lontane, oggi, anche le velleità di avere un impero. Ma lontano anche lo spirito di delicatezza di questi proclami e il loro «rispetto per le diversità», espressione che a quei tempi non si conosceva ma che – a quei tempi! – si sapeva usare. 

1911, 1934: Due momenti storici diversi nei quali, al di là delle valutazioni politiche e storiche, emerge lo sforzo degli invasori di rispettare e interpretare i popoli che avevano sottomesso. Nel proclama del 1911 il dato religioso/giuridico locale viene assunto come nativo ed incancellabile; nel regolamento del 1934, troviamo la logica dell’integrazione e non già dello scontro. 

Il conquistatore, dopo aver mostrato i suoi muscoli, non continua con la violenza ma si rende conto che occorre pensare alla vita che scorrerà ogni giorno nelle terre conquistate. Non con lo stile dello schiacciare e obbligare, ma del comprendere e condividere. 

Dietro al militare che emana queste cose ci deve essere stata gente che pensava e che, nutrendosi dello spirito dell’antico diritto romano, gli avrà fatto capire la situazione. 

Oggi: Le risposte della storia non ci piacciono? Dobbiamo comunque porci le stesse domande e dare risposte altrettanto concrete per non ripetere, nell’attuale III guerra mondiale in corso, le inutilità delle precedenti. Qual è la base interpretativa della diversità? Quali sono le regole della coabitazione tra genti una volta lontane ma che oggi travalicano i nostri muri? Come trovare un linguaggio comune? 

Domani: Quando si ribalteranno le sorti, speriamo di essere trattati con rispetto anche noi. 

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