Il corpo nudo


Editoriale
Tredimensioni 6(2009) 228-232



Nel mondo degli umani, il corpo, nello spessore della sua dimensione fisica, lascia trasparire un’altra dimensione non fisica, dalla quale esso trae il suo mistero e la sua bellezza.

Il corpo degli umani è come una vetrata artistica che può anche essere bella in sé ma che diviene assai  più bella quando attraverso di essa filtra la luce del sole. 

Il corpo è il tramite, l’interiorità è il valore. Il primo è la vetrata, la seconda è la luce.  Infatti, diciamo «Io ho un corpo» (voce del verbo avere) e invece diciamo «Io sono» (voce del verbo essere). Nel corpo, avere ed essere s’incontro ma non si confondono. Si intrecciano, ma non sono incollati l’uno all’altro. Per questo, si può vivere ed esibire il proprio corpo in tanti modi. 

 

Nudo o solamente spogliato?

Il corpo nudo non è il corpo spogliato. È qualcosa di più. Senza veli, ma capace di  trasmettere la dimensione interiore della persona.

Il corpo spogliato è un’altra cosa. Semplicemente svestito: senza veli, ma anche senza interiorità. Un corpo che tace, anche se si presenta nello splendore di un monitor o della carta patinata (dove peraltro, spesso, si aggiunge un ritocco che fa sparire le imperfezioni per lasciare spazio alla perfezione immaginaria ed omologata).

Questa differenza sfugge al latin loverma la conosce bene l’artista. 

Una modella che si offre solo nel peso della sua carne e nelle curve dei suoi fianchi, è spogliata: eccita e basta fotografarla. Per essere ritratta da un’artista deve affascinare (eccitare e affascinare non sono la stessa cosa). Il corpo è fatto di carne e curve, ma raggiunge il suo apice quando lascia trasparire il mistero che lo fa vivere. Quando è così, è bello anche il corpo di un bambino come lo è quello di un vecchio. 

Alla grande attrice Anna Magnani un chirurgo estetico si propose di toglierle le rughe dal viso e lei rispose: «Lasciamele tutte, che c’ho messo una vita a farmele».

 

La riservatezza

Il corpo spogliato si dà molto da fare per farsi vedere e siccome non ha null’altro di sé da dare, si dimena con pose ammiccanti e insistenti per farsi notare anche da chi non ne ha voglia. 

Il corpo nudo è più raffinato. Si fa vedere con sobrietà e a condizione che l’altro lo meriti, perché sa di non offrire solo attributi anatomici. Entrambi senza veli, ma diversi.  

Uno si offre come vuoto a perdere. L’altro come dignità da fare apprezzare. 

Uno si offre e basta, l’altro si offre sotto condizione. 

Il nudo è sempre pudico, dato che il pudore è il guardiano della dignità interiore. Il pudico affascina, l’ostentato eccita. 

La riservatezza dà un tocco di fascino in più.

 

Libido espropriata

Non stiamo invocando il ritorno della censura ma il ricupero di una libido più autogestita.

Ci piacerebbe di più se i giovani fossero i padroni del loro piacere, non i succubi: quelli che lo iniziano se decidono di iniziarlo, e non quelli che lo seguono senza averlo scelto (e alla fine senza poi provarlo!).

Diventare eccitato per decisione altrui, semmai quando tu non ci pensavi neanche, ci sembra un’espropriazione indebita della nostra libido. 

Volevo tranquillamente rilassarmi guardando un film, e invece no: lo spot pubblicitario mi induce improvvisamente altri umori. Volevo soltanto vedere il risultato delle partite e invece no: devo cercarlo faticosamente fra i seni prosperosi della velina. Giro la pagina del giornale e l’automobile è pubblicizzata da una bellezza mozzafiato che mi strega gli occhi. Apro un filmato su una pagina internet apparentemente innocente e ci ritrovo un nudo integrale. Non sono più libero di far funzionare i miei ormoni quando voglio io. Li ritrovo eccitati in me per volere altrui. Non siamo più gli amministratori delle nostre voglie. Ci dispiace la dittatura dei corpi perfetti.

Come con la droga. Che chi intende drogarsi riesca a farlo è inevitabile, ma che qualcuno ti metta sotto il naso la droga e ti obblighi ad annusarla anche controvoglia ci suona come attentato alla libertà di autogestione. Si dirà: ma tu puoi dire di no!  Ma il problema rimane: perché devo salvare la mia libertà con la fuga? Perché, per autogestirmi in autonomia devo evitare certi luoghi pubblici (non necessariamente malfamati), girare alla larga da certe strade (non necessariamente a rischio), non guardare là dove invece avrei tutto il diritto di guardare, fare corsi di formazione per saper resistere (cioè saper fuggire)…? E dopo tutto questo lavoro non sentirmi neanche sicuro, perché c’è sempre qualcuno pronto ad impossessarsi dei rubinetti della mia libido. Cercare l’oggetto della propria libido è diverso dal farsi cercare da quell’oggetto.

 

Vergogna e pudore

Si sente dire: «Per le nostre nonne era sconcio mostrare le caviglie. Per noi no». Da qui si conclude che il senso del pudore varia da generazione a generazione,  da individuo a individuo. Dunque, qualcosa di estremamente fluttuante, che può esserci o scomparire. 

Non è esattamente così. 

È  così per la vergogna. Ma non è così per il pudore.

La vergogna é un sentimento regolato dalla società: per questo è fluttuante. Quando scatta dipende in gran parte dai parametri impostati dalla cultura, dalla moda, dall’apprendimento…, per cui non si può stabilire una volta per tutte la soglia oltre la quale l'esposizione di sé diventa indecenza. E all’indecenza ci si può anche abituare, tanto che la vergogna può anche non scattare più.

Il pudore, invece, non è regolato da fuori ma da dentro di noi. È il guardiano della nostra dignità e sale o scende  a seconda che salga o scenda il senso della nostra dignità. Il pudore rimane anche quando si è persa la vergogna. Sparirà solo quando si sarà persa la propria dignità. 

Quando qualcuno ci strega esibendo solo il suo corpo spogliato, quando sa che prima o poi ci caschiamo o quando è indifferente alla nostra interiorità, noi tutti ci sentiamo umiliati e tendiamo a ritrarci. Sentiamo, immediatamente, che non possiamo essere presi così. Lo sentiamo per istinto e non perché siamo stati inibiti da un’educazione puritana. 

Senza parteggiare per i nudisti, talora c'è più mancanza di pudore in certi modi di vestire (provocatori e seducenti) che in una certa nudità del corpo.

 

Il corpo si prende e si offre dal di dentro

A chi ci prende facendo leva sui nostri riflessi condizionati (perchè ci ha fatto gri gri sotto il mento) o con i gesti automatici della tenerezza (anche la tenerezza può essere automatica), è evidente che noi concediamo solo i nostri riflessi e automatismi. Sarebbe sciocco dare il cuore a chi offre e chiede solo le labbra o le gambe!

Il corpo si offre dal di dentro. Lo diamo se e perché abbiamo deciso di darlo, e nel quadro di donare la nostra interiorità e custodire quella altrui. 

Quando non lo diamo così, come dono cosciente e come decisione libera, non ci resta che darlo come merce frettolosa di scambio. Esibito come oggetto che ha perso il suo significato. Chi se lo ritrova fra le mani -di conseguenza- lo usa come cosa.

 

Di qui le gioie e le pene del sesso

Le gioie perché cercando un corpo da toccare si cerca anche un’interiorità da condividere. Se non siamo troppo rozzi, cercando il tramite vogliamo condividere l’umanità che il tramite veicola. E qui si apre quella bellissima esperienza che si chiama condivisione di umanità e si gusta come intimità.

Ma il sesso ha anche le sue pene, perché corpo e interiorità non vanno necessariamente insieme.  Se interiorità e corpo fossero incollati come un pezzo di legno lo è ad un altro pezzo, dandoci uno ci daremmo automaticamente l’altra. Ma non è così. Nel sesso qualcosa sfugge e sfuggirà sempre. Come dice un grande psicologo (Kernberg) «l’altro può diventare un corpo da penetrare ma rimarrà sempre una coscienza da rispettare». Ogni incontro sessuale, anche quello più perfetto, continua a contenere un barlume di delusione.

Ci basta il tramite? Allora meglio non prendere un tu umano ma qualcosa di più comodo, qualcosa che nel bel mezzo del palpeggiamento non si metta in testa di parlarci della sua interiorità. A chi basta questo, può bastare la bambola gonfiabile, un pene di gomma, un film porno o il sito internet. Ma consigliamo anche di non pretendere più di tanto da queste cose: chi prende un involucro senza contenuto deve accontentarsi di corpi spogliati ma non nudi, con conseguente risveglio di libidine ma non di piacere. 

Se non si cerca di tutelare l’unità fra corpo e persona, sarà facile spogliarsi ma difficile denudarsi. 

L’esibizione del corpo spogliato funziona per un’ora in TV ma nella continuità della vita, dopo un po’, annoia.

 

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