Un dialogo tra psicoanalisi e antropologia cristiana


Milano, 15 settembre 2007
Convegno di studi in onore di p. Franco Imoda S.J. nel suo 70° compleanno


            
Il 15 settembre, a Milano, si è tenuto un convegno di studi, avente lo scopo di mettere in dialogo differenti approcci alle scienze umane: quello psicoanalitico, grazie al contributo del dott. Salvatore Freni (direttore della rivista: “Ricerche in psicoterapia” e direttore della scuola milanese di psichiatria psicodinamica) e quello ispirato all’antropologia cristiana, nella persona di p. Franco Imoda (fondatore dell’Istituto di Psicologia della Pontificia Università Gregoriana di Roma).

L’occasione è stata particolarmente significativa per aver permesso la comunicazione tra orizzonti differenti, in grado di dialogare perché aventi per oggetto l’interiorità della persona e la sua esperienza della trascendenza. Un interessante punto di contatto tra i due approcci è stato quello di mistero. La vita e la morte, l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande rappresentano un mistero con il quale ogni persona prova a confrontarsi.

Il dott. Freni ha offerto un contributo sulla mistica da un punto di osservazione psicoanalitico. Ricerca psicoanalitica e ricerca spirituale all’inizio della storia della psicoanalisi non sono state in grado di dialogare, essendo il dialogo stato interrotto per parte psicoanalitica da Freud stesso, che bollò la religione come nevrosi ossessiva universale. Ciò ha nuociuto alla formazione degli analisti, che ancor oggi conservano un atteggiamento eccessivamente prudente quando il cliente inizia a parlare della propria esperienza religiosa. C’è un fondamento storico perciò nella contrapposizione della religione alla psicoanalisi. Ma si rintracciano nel padre della psicoanalisi elementi che postulano a-priori aldilà dell’analisi scientifica e che chiedono un’adesione altrettanto aprioristica. Inoltre utilizza un concetto importantissimo quale è l’interpretazione, che deriva dalla tradizione ebraica. Tra serio e faceto, perciò, corre diceria che solo un ebreo avrebbe potuto fondare la psicoanalisi.

Dopo Freud, il setting stesso è stato identificato con un sancta sanctorum in cerca di un terzo intersoggettivo (Ogden) oltre la coppia cliente-psicoanalista. Lo stesso lessico psicoanalitico somiglia in qualche frangente a quello della mistica: solo nell’oscurità si può vedere la luce. Più si spoglia di un carattere egocentrico, più l’uomo si apre al numinoso. Soprattutto Bion si avvalse della mistica per spiegare l’esperienza psicoterapeutica. La mistica consiste in un modo di esperire il mondo tutto particolare: estensione della coscienza alla percezione del mondo intero, con una capacità poetica di coglierla. In tal senso ogni persona è predisposta all’esperienza mistica. La mistica a volte è scambiata per psicopatologia: la differenza è che la prima crea un vuoto in cerca di qualcosa, mentre la seconda si perde nel vuoto e ne viene invasa. Resta il fatto che la patologia assume il concetto di santità, per porlo a servizio delle proprie deficienze.

Lo psicoanalista per Bion riprende l’approccio negativo di chi sosta nei misteri e nei dubbi, senza cercare soluzioni con cui sbarazzarsi dei sentimenti. In tal senso diverso è un percorso terapeutico (che mira ad una cura e segue un approccio medicale-guaritivo) da uno psicoanalitico (in cui ciò che importa è il contatto con l’essere ed in tal senso l’analisi si dedica alla soggettività umana, per estrarre il male dal bene ed il bene dal male).

P. Imoda ha raccolto gli stimoli provenienti dal libro Persona e Formazione. La questione più seria nel dialogo tra filosofia e psicologia, spirito e psiche è quello della mediazione ed al contempo del metodo. L’uomo come tale è immutabile ed astratto, ma ci sono strutture e forme che si sviluppano nel tempo. Il mistero è la chiave interpretativa della persona: mistero è quanto si può conoscere, vivere e sperimentare sempre più profondamente; tale mistero è orizzonte infinito, ma incarnato nel concreto; perduto e da ritrovare.

Una scienza pedagogica che si limitasse all’osservazione dei fenomeni e non guardasse al trascendente sarebbe imprigionata: vanno osservate le ombre della caverna, ma per trovare una via verso la luce. Chi è l’altro che la persona desidera divenire? È questa la domanda sottesa ad ogni ricerca della verità, agli amori che la attirano. Il vero altro è per il cristiano il Dio Uno e Trino, rivelatosi come amore sacrificale; ma sono gli oggetti concreti che inebriano un uomo e lo mettono alla prova.

Il mistero è recuperato attraverso il pathos e dunque il mondo simbolico della persona, molto più ampio del concetto. L’educazione è opera di familiarizzazione con la grammatica del cuore, disponibile ad incontrare i dinamismi bloccati. L’operare della persona subisce trasformazioni che toccano l’essenza della persona: in tal senso la pedagogia può influire sull’autenticità della persona. Se il postmoderno fa scomparire la concatenazione degli eventi e delle conoscenze, non permette l’assunzione di legami stabili ed incondizionati, la domanda del mistero dovrebbe scomparire e forse ciò in tante persone accade. Quale strada per un risveglio? L’essere umano si affina attraverso l’essere umano: solo una persona che si prenda cura di un’altra persona è in grado di restituire un orizzonte ulteriore a chi l’ha smarrito.